sabato 28 febbraio 2015

Osservatorio Endometriosi: chi l'ha visto?

NOTA STAMPA DI TARANTO  LIDER

 Il 30 Settembre 2014, con votazione unanime del Consiglio della Regione Puglia, è stata approvata la legge regionale n.40 “Disposizioni per la tutela delle donne affette dall’endometriosi”, ottimo esempio di collaborazione tra cittadini e Istituzioni, e pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 143 suppl. del 14 Ottobre 2014. La legge è stata fortemente voluta dal Comitato Taranto LIDER supportato dall’azione della consigliera Anna Rita Lemma. All’art.2 della suddetta legge “Osservatorio regionale sull’endometriosi”, il comma 6 recita: “L’Osservatorio è costituito con deliberazione di Giunta entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.”
I 90 giorni previsti dalla legge sono scaduti il 14 Gennaio 2015 e a tutt’oggi nessuna delibera di Giunta riporta l’istituzione dell’Osservatorio. Non potendo restare a guardare, in data 3 febbraio 2015 Taranto LIDER ha inviato per posta certificata, all’assessore alla Sanità Pentassuglia e al Presidente della Regione Puglia Vendola, richiesta formale di istituzione dell’Osservatorio, chiedendo il rispetto dei termini di legge anche, e soprattutto, per la definizione dei criteri e delle modalità di tenuta e rilevazione dei dati del Registro dell’endometriosi. Gli stessi devono essere indicati per legge entro il 14 Aprile 2015.La nostra istanza è stata ricevuta nella stessa data. A tutt’oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
Nel frattempo, dopo un incontro chiarificatore con gli epidemiologi dell’ASL di Taranto, responsabili della “Linea 5.3 – Conduzione di studi epidemiologici” prevista dal Protocollo operativo per la realizzazione del Programma Straordinario Salute Ambiente per Taranto, coloro che attendono dalla Regione Puglia le suddette indicazioni per la stesura del Registro, il comitato Taranto LIDER ha contattato il Dott. Antonio Maiorana, Responsabile scientifico del Progetto RESET Registro Siciliano per l’Endometriosi, primo esperimento italiano di Registro endometriosi, che non manchiamo di ringraziare per le informazioni dettagliate forniteci. Obiettivo del Progetto RESET era Costruire un registro siciliano sull’endometriosi su base multicentrica regionale con la creazione di un archivio digitale via web. Riportiamo le dichiarazioni del Dott. Antonio Maiorana: “La banca dati ha consentito di ottenere dati epidemiologici e clinici di notevole rilevanza scientifica e si ritiene che contribuirà certamente ad elevare il grado di conoscenza della malattia e di conseguenza la qualità assistenziale.”

venerdì 27 febbraio 2015

Indottolo torna a casa?

Ilva, schiarita per gli autotrasportatori, tolto il blocco dei tir

Schiarita per l'Ilva. I trasportatori di Taranto, riuniti in assemblea sul piazzale della portineria C del siderurgico, hanno accettato l'accordo firmato ieri a Roma dalla delegazione di categoria con i commissari straordinari dell'Ilva. I Tir stanno liberando pian piano il piazzale che avevano occupato da poco più di un mese, impedendo l'uscita delle merci della fabbrica e consentendo solo l'ingresso dei materiali strettamente necessari alla produzione. Già nella tarda mattinata, dopo il via libera dell'assemblea e la revoca del blocco, i primi mezzi sono entrati nell'Ilva per caricare le merci da consegnare ai committenti. I trasportatori tarantini hanno ottenuto che l'Iva paghi il 60 per cento in acconto sui nuovi affidamenti col primo versamento a partire dal 15 marzo prossimo.
Hanno inoltre ottenuto dall'Ilva la disponibilità a favorirli in misura maggiore per quanto riguarda la restituzione dei crediti maturati verso l'azienda. Si tratta del lavoro fatturato e non pagato prima del 21 gennaio scorso, data dalla quale l'Ilva è in amministrazione straordinaria con la legge Marzano. Invece, nell'accordo che l'Ilva ha stretto mercoledì con le organizzazioni nazionali del trasporto, queste ultime hanno spuntato per i loro associati un acconto dell'80 per cento sui nuovi affidamenti sempre a partire dal 15 marzo. Benché l'Ilva avesse proposto ai trasportatori tarantini di ripetere lo stesso accordo definito con i nazionali, i locali hanno chiesto e ottenuto di abbassare la percentuale di acconto del 20 per cento a favore di più soldi sul pregresso. Questa liquidità, afferma la categoria, "è per noi essenziale per tenere in piedi le nostre imprese di trasporto e ripartire". Ma sarà comunque il giudice delegato alla procedura dell'amministrazione straordinaria dell'Ilva a decidere nel concreto le modalità del riparto una volta che dai commissari dell'Ilva gli sarà pervenuto uno specifico piano. (Rep)

mercoledì 25 febbraio 2015

Il fuoco cova sotto la polvere


Taranto Social Film – cosa c’è sotto la polvere

Videomaker, registi, grafici, esperti della comunicazione, sound designers, attori,cittadini, artisti uniti dalla voglia di creare un film collettivo che racconti cosa c’è e vive “sotto la polvere” che copre la città di Taranto.
Un esperimento cinematografico che, attraverso gli sguardi di chi vive la città, di chi ha dovuto o voluto lasciarla e di chi l’ha vissuta per la prima volta, vuole riscoprire e raccontare il volto di una terra complessa, ferita, viva.
‘Taranto Social Film – sotto la polvere’, è ispirato agli esperimenti cinematografici di Ridley Scott con ‘Life in a Day’ e Gabriele Salvatores con ‘Italy in a Day’, film collettivi che hanno visto la partecipazione di migliaia di persone;  vuole indagare la vita reale di una città attraverso gli sguardi di chi, in questa terra in mezzo ai due mari, sta costruendo un presente ed un futuro diverso, la voce di chi lotta e resiste, di chi crede nell’amore e nella bellezza di questo sud.
 Ora, tocca te!

venerdì 20 febbraio 2015

Parola di Procuratore, consapevolezza di tutti!

"L'Ilva inquina come due anni fa", la procura accusa 52 tra politici e industriali

Il procuratore della Repubblica di Taranto Franco Sebastio ha formalmente reiterato la richiesta di rinvio a giudizio per 52 imputati, 49 persone e 3 società all'udienza preliminare "Ambiente svenduto" sul disastro ambientale di Taranto.
 Dirigenti ufficiali ed occulti (i così detti "fiduciari") e membri della famiglia Riva, proprietaria dell'Ilva, rischiano il rinvio a giudizio per associazione per delinquere, disastro ambientale ed avvelenamento di sostanze alimentari. Nel presentare le sue conclusioni al gup Vilma Gilli il procuratore Sebastio ha presentato un lungo elenco di prove, fra cui esposti di associazioni ambientaliste ed enti pubblici, relazioni tecniche di Asl e Spesal ed i risultati di due incidenti probatori al termine dei quali medici ed epidemiologi hanno concluso che lo stabilimento siderurgico di Taranto causa malattia e morte.
Fra le prove anche moltissime intercettazioni telefoniche dalle quali, per il procuratore Sebastio, emergono episodi di concussione, corruzione, favoreggiamento e violazione dei segreti d'ufficio. Il rinvio a giudizio è stato chiesto anche per diversi tecnici ministeriali, politici ed amministratori che avrebbero favorito il siderurgico. Fra questi il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola accusato di aver fatto pressioni sull'Arpa e l'ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido, entrambi accusati di concussione. Rinvio a giudizio è stato chiesto anche per il sindaco di Taranto, Ezio Stefano, accusato di abuso d'ufficio, per gli attuali assessori regionali all'Ambiente, Lorenzo Nicastro, e alla Sanità Donato Pentassuglia, quest'ultimo all'epoca dei fatti presidente della commissione regionale Ambiente, nonche' per l'ex assessore regionale Nicola Fratoianni, oggi deputato di Sel, tutti accusati di favoreggiamento.
"Se oggi si decidesse di eseguire un sopralluogo nell'area delle batterie delle cokerie Ilva per verificare se ci sono stati interventi di miglioramento dell'inquinamento ambientale, potrebbe anche emergere che nulla o quasi è cambiato rispetto al 26 luglio 2012, quando gli impianti a caldo vennero posti sotto sequestro su disposizione della magistratura". E' quanto avrebbe sottolineato nel suo intervento il pm di Taranto Mariano Buccoliero, discutendo nell'udienza preliminare, in corso a porte chiuse nel capoluogo ionico, del procedimento penale per disastro ambientale a carico dell'Ilva. Lo si è appreso da fonti vicine alla Procura.
Buccoliero ha concluso il suo intervento passando la parola ad un altro pm, Giovanna Cannarile, che dovrebbe soffermarsi sui danni ambientali causati dall'inquinamento dell'Ilva agli edifici del quartiere Tamburi, a ridosso del siderurgico, e ai suoi abitanti. (RepBA)

giovedì 19 febbraio 2015

AFO-ndato!

Ilva: si ferma altoforno 5, oltre 4.000 in solidarietà

L'Ilva oggi ha comunicato ai sindacati dei metalmeccanici la fermata dal 19 marzo dell’altoforno 5, che garantisce circa il 50% della produzione di ghisa. Lo rende noto la Fim Cisl. Contestualmente resterà chiuso l’altoforno 1, ancora in manutenzione. I contratti di solidarietà andrebbero a toccare oltre 4mila lavoratori.
La fermata dell’Afo5 è dovuta ai lavori di adeguamento all’Autorizzazione integrata ambientale. Stesso discorso vale per l’Afo1, per il quale è stata indicata orientativamente la data dell’1 agosto per la ripartenza, ma l'azienda non esclude che possa essere riavviato prima.
Si allarga, di conseguenza, la platea di lavoratori in esubero che usufruiranno degli ammortizzatori sociali. A fine mese scadono i contratti di solidarietà che ha interessato per un anno, a rotazione, un numero massimo di 3.550 lavoratori. Ora si parla di una cifra che oscilla tra i 3.700 e i 4.500 dipendenti. Alla riunione di oggi hanno partecipato i segretari di Fim, Uilm, Usb e Flmu. Venerdì prossimo le Rsu si incontreranno con l’azienda per discutere sulle cifre dei contratti di solidarietà.
SOLIDARIETA' DAL 2 MARZO - La nuova intesa tra azienda e sindacati sui contratti di solidarietà all’Ilva di Taranto scatterà dal 2 marzo prossimo. E’ quanto si è appreso al termine della riunione odierna tra le parti, svoltasi a Taranto. La proroga della 'solidarieta”, legata alle fermate degli altiforni per adeguarli alle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale, avrà una durata di 12 mesi e amplierà la platea dei lavoratori coinvolti. Il prolungamento dei contratti di solidarietà eviterà così l’eventuale ricorso alla cassa integrazione. Con la fermata dell’Altoforno 5 dal 19 marzo (inizialmente era prevista invece a giugno prossimo), l’Ilva marcerà per alcuni mesi con due soli altiforni, il '2' e il '4'. Il ritorno ad un livello di produzione simile a quello garantito con l’Afo5 in funzione (attualmente questo impianto garantisce il 40% di produzione di ghisa, con stabilimento a regime poco meno del 50%) avverrà solo con la riattivazione dell’Afo1, chiuso dal dicembre 2012, prevista per l’1 agosto prossimo.
La decisione dei commissari Ilva di anticipare la fermata dell’Afo5, si apprende da fonti vicine all’azienda, punterebbe alla ripresa prima possibile della produttività, al mantenimento dei livelli produttivi e al conseguimento di utili. (GdM)

mercoledì 18 febbraio 2015

E che fiducia!

Fiducia sull’Ilva, ok a 1,8 miliardi

Con il via libera al decreto Salva-Ilva dalle commissioni Industria e Territorio del Senato, il provvedimento è passato in Aula dove è atteso per domani mattina il voto di fiducia. Il provvedimento ha creato i presupposti perché l’Ilva possa ottenere circa 1,8 miliardi di euro ai quali vanno a sommarsi i 260 milioni di riapertura delle linee di credito decise nei giorni scorsi da Intesa Sanpaolo e Unicredit. «Abbiamo lavorato a un testo che affronta un argomento importante per il nostro Paese e cioè coniugare il diritto al lavoro, il diritto alla salute ed il diritto a vivere in un ambiente più pulito» ha detto il relatore Albert Laniece, mentre il relatore Salvatore Tomaselli ha sottolineato che, grazie ai cospicui fondi che potranno arrivare nelle casse Ilva, «ora è possibile garantire la continuità produttiva e occupazionale e il processo di risanamento ambientale».

I finanziamenti

Nel dettaglio, tornando al decreto, il testo approdato in Aula prevede fondi derivanti per 156 milioni da Fintecna, 1,2 miliardi dallo sblocco dei fondi sequestrati ai Riva e 400 milioni di finanziamenti con garanzia dello Stato che i commissari possono ora ottenere da Cassa Depositi Prestiti. Sul fronte delle misure a sostegno dell’indotto, è stato chiarito che la prededucibilita’ dei crediti con l’Ilva anteriori all’ammissione in amministrazione straordinaria riguarderà le Pmi (come definite dalla raccomandazione Ue del 2003) che hanno effettuato prestazioni «necessarie al risanamento ambientale, alla sicurezza, alla continuità dell’attività degli impianti produttivi essenziali nonché all’attuazione del Piano Ambientale». Votate anche misure a sostegno dell’autotrasporto e delle piccole imprese con uno stop che fino al 20 dicembre 2015 ai pagamenti dovuti per cartelle esattoriali. Sul fronte dell’autotrasporto, nell’incontro al Ministero dei Trasporti sono emerse due proposte di Maurizio Lupi agli autotrasportatori: la liquidazione totale dei crediti maturati dopo il 21 gennaio (ingresso dell’Ilva in amministrazione straordinaria) e pre-deducibilità per quelli maturati precedentemente a quella data. Rispedite per ora al mittente, perché gli autotrasportatori dell’indotto hanno confermato i blocchi: «restano fino a quando non avremo garanzie nero su bianco e non otterremo gli acconti che l’Ilva ha promesso».

Le tasse

Sospesi anche i versamenti dovuti per pagamenti erariali (Iva, Irpef, Irap ecc..). È stato portato a 35 milioni il fondo di garanzia a sostegno delle Pmi dell’indotto e del territorio di Taranto. E vengono portati a 10 milioni di euro i fondi per la messa in sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi in deposito nell’area ex Cemerad ricadente nel Comune di Statte in provincia di Taranto. Il decreto, modificato dalle Commissioni, ribadisce al 4 agosto 2016 il termine ultimo per realizzare il Piano Ambientale previsto dal Dpcm del 14 marzo 2014.

L’ira di Vendola

«Giudico molto grave - commenta Nichi Vendola, governatore della Puglia - il colpo di mano avvenuto questa sera al Senato sul cosiddetto decreto salva Ilva. Si sono cancellati tutti gli emendamenti che qualificano una politica ambientale e sanitaria nella città di Taranto. Si copre con lo scudo della non punibilità per legge la figura del commissario straordinario mentre non si accoglie la richiesta inderogabile di consentire all’Arpa di implementare gli organici necessari a svolgere compiti sempre più gravosi. Si mette una posta di 500mila euro sul fantomatico reparto di oncologia pediatrica. Si lascia inalterato quel criterio di percentuale che consente di rispettare la legge anche nel caso in cui si rispetti solo l’80 per cento delle prescrizioni dell’Aia. E sono tutte le forze attive e intellettuali della città di Taranto e della Puglia e dell’Italia che ama Taranto che chiedono di correggere quel testo, di non sciupare ancora una volta l’occasione di annodare un rapporto leale con i tarantini. La ferita di Taranto non è solo quella dell’inquinamento che ha asfissiato la città. E’ anche quella dello scoramento dei cittadini, afflitti da una crescente povertà e spesso frustrati dalle tante promesse disattese dello Stato. Chiedo a nome di tutti i pugliesi, di compiere un gesto di buona politica. Lo chiedo al Parlamento, lo chiedo come Presidente di una Regione che è consapevole dei propri limiti ma è anche orgogliosa delle proprie risorse. Vi chiedo di ripensarci». (CdM)

martedì 17 febbraio 2015

Un'altra sintesi nel caleidoscopio dei punti di vista


Una sola realtà.
Purtroppo.

Good morning diossina, di Angelo Bonelli

Taranto la città dove l’inquinamento toglie la vita. La città dove le cozze vengono distrutte e dove non si può pascolare per un raggio di 20 km perché la terra è contaminata dalla diossina. Secondo lo studio epidemiologico “ Sentieri” dell’Istituto superiore di sanità la mortalità infantile a Taranto è aumentata del 21% rispetto alla media pugliese, mentre le malattie tumorali tra i bambini sono aumentate del 54%. Dati che sono simili a quelli di un bollettino di guerra. Perché a Taranto le autorità pubbliche negli anni, hanno tollerato che l’inquinamento da diossina e da metalli pesanti fosse portato a livelli così estremi, determinando enormi profitti e un disastro sanitario senza precedenti? La risposta si trova nell’inchiesta della procura di Taranto “ Ambiente Svenduto “ che ha coinvolto politici e funzionari pubblici. Documenti inediti che dimostrano la responsabilità della pubblica amministrazione che sapeva dell’inquinamento e che non solo non fermava l’inquinamento mortale prodotto da quell’impianto, ma autorizzava Ilva a continuare quello che aveva sempre fatto: inquinare. Storie di cittadini che hanno consentito con le loro denunce di scoprire il pentolone del malaffare, storie di dolore delle famiglie e delle persone che hanno perso i loro cari a causa del dramma dell’inquinamento. Il libro illustra le proposte di come si può liberare un territorio accerchiato dai veleni dell’inquinamento, avviando la conversione industriale per creare nuova occupazione, fermare l’inquinamento seguendo gli esempi di quanto accaduto in altre città europee e del mondo, come Bilbao o Pittsburgh, che hanno vissuto problemi analoghi a quelli di Taranto. Quelle città oggi sono città ricche, dove esiste benessere sociale e l’inquinamento è stato sconfitto.
(Dal sito dei Verdi)


A breve Disponibile gratis sui principali ebook store: ibooks (dispositivi Apple), google play, Amazon, e altri

lunedì 16 febbraio 2015

I sogni e le letterine

Taranto ha un sogno dopo l’acciaio:i crocieristi al posto delle navi militari

Se i vertici della Marina Militare e il governo Renzi volessero tenere fede agli impegni assunti dal ministro Giovanni Spadolini trent’anni fa, dovrebbero restituire un pezzo di Taranto. La vecchia «banchina torpediniere» sdraiata nel Mar Piccolo ha ospitato le navi militari finché la flotta italiana non s’è spostata in Mar Grande. Ora è vuota, deserta. Nel 1985, quando arrivò a presiedere la cerimonia di posa della prima pietra della nuova stazione navale, Giovanni Spadolini, ministro della Difesa, rassicurò che la vecchia sarebbe tornata quel che era a fine Ottocento: un lungomare di Taranto. Dopo trent’anni di attesa l’Autorità portuale e il Comune di Taranto hanno sollecitato governo e Marina Militare a ricordarsene. L’ultima lettera è datata 14 gennaio 2015. La vecchia banchina, ristrutturata, potrebbe ospitare un terminal crociere e alcuni moli destinati ai maxi yacht. Questa è l’idea. Da anni si tratta. Nel 2012 si sembrava a un passo dall’accordo. Un piano di fattibilità è pronto dal marzo del 2013. Però la risposta da Roma non è ancora arrivata.
La Marina Militare non molla benché la vecchia banchina torpediniere sia abbandonata (il trasloco della flotta è avvenuto nell’estate 2004) e non possa attraccarci neppure un canotto. Una perizia ordinata dalla stessa Marina la considerava inidonea e pericolante già nel 2010. Potrebbe crollare, anzi è un miracolo che stia ancora in piedi. I 750 metri di banchina costruiti più di un secolo addietro nel Mar Piccolo, quindi nel ventre di Taranto e a pochi passi dal Museo archeologico, dal centro cittadino e dai Giardini Peripato - sono costeggiati da sei vecchi magazzini oggi inutilizzati e in cui si potrebbero ospitare strutture ricettive, hotel, centri commerciali ma anche una «dependance» del museo o un nuovo museo del mare. La società romana di ingegneristica Acquatecno, cui l’Autorità portuale si è rivolta per il piano di fattibilità, ha presentato uno studio di 114 pagine con diverse ipotesi sull’uso degli spazi. Previsti circa trenta milioni di investimento di cui 10-12 per demolizione e ricostruzione dei moli. Se ne farebbe carico l’Autorità portuale direttamente o coinvolgendo imprese private nella successiva fase di gestione. «Puntiamo ad attrarre un turismo di fascia alta, cioè maxi yacht o navi da crociera da duemila passeggeri» dice l’avvocato Sergio Prete, il presidente dell’Authority. «Non vogliamo sovrapporci a Bari con le grandi navi da crociera né a a Brindisi. Credo che Taranto diventerebbe l’unica città con un terminal crociere nel cuore dell’abitato».
L’Autorità portuale dovrebbe allargare la sua giurisdizione su una fetta del Mar Piccolo mentre sul molo San Cataldo, in Mar Grande, costruirà un terminal passeggeri preparandosi ad accogliere altre navi turistiche. Oggi il porto è agonizzante. Scarsi i traffici di merci industriali vista la crisi siderurgica, zero la movimentazione container poiché la Tct (Terminal Container Taranto) ha bloccato la sua attività. Eppure nel 2012 sembrava fatta. L’ammiraglio Andrea Toscano, numero uno del dipartimento Marina Militare - il comando con sede a Taranto e raggio d’azione in tutto il Sud - s’era evidentemente ricordato di Spadolini e appoggiava il progetto al punto da accettare l’ipotesi di infilare nel «pacchetto» anche San Paolo, la più piccola delle due isole militarizzate del Mar Grande (l’altra è San Pietro), appena cinque ettari legati il nome del generale-scrittore Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, autore del romanzo «Les Liaisons Dangereuses». Andò tutto per il verso sbagliato, come sempre. Un contrordine romano riportò la vicenda al punto di partenza. Oggi, sul tavolo del ministero della Difesa e del capo di Stato maggiore della Marina Militare, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, c’è la lettera firmata dal sindaco Ezio Stefàno e dal presidente del porto Sergio Prete. La situazione è paradossale. Se da un lato la Marina Militare è riuscita nell’intento di recuperare il castello aragonese, rendendolo un gioiello visitato gratuitamente da oltre 90mila persone l’anno, dall’altro recalcitra all’idea di restituire a Taranto quanto le fu assegnato alla fine dell’Ottocento per esigenze strategico-militari. Diventando la più grande base della Marina italiana, Taranto si ritrovò felicemente circondata di caserme, navi da guerra e dall’Arsenale Militare - 90 ettari - venendo materialmente separata da gran parte della sua costa nel bacino interno del Mar Piccolo con un muro, «il Muraglione», la cui costruzione cominciò nel 1885: 3250 metri di lunghezza, sette di altezza. Con la grande industria della Difesa si sviluppò il settore delle costruzioni navali, su cui l'economia si è retta fino agli anni Sessanta, sostituita poi dall'economia dell’acciaio, cioè l’Italsider-Ilva, piombata adesso in una crisi senza precedenti. E oggi - con la nuova stazione navale aggiunta alla vecchia - «il Muraglione» si è allungato: misura 7,9 chilometri. «Taranto, se arrivassero le navi da crociera - dice Prete - dovrebbe avere solo un po’ di pazienza e riabituarsi alla riapertura del ponte girevole e quindi a qualche disagio nel traffico stradale». Un tempo il ponte allargava di frequente le sue chele metalliche per fare entrare nel Mar Piccolo le navi militari. Oggi non più. Lo rendono impercorribile soprattutto le proteste operaie. (CdM)

Altoforni precari e Indottolo aspetta

A fine marzo la chiusura dell’altoforno 5 dell’Ilva

Nel giorno in cui torna a stringersi il blocco degli autotrasportatori in credito con l’Ilva, trapelano indiscrezioni sul futuro prossimo dello stabilimento siderurgico. Secondo alcune notizie circolate in fabbrica nei giorni scorsi, l’Ilva anticiperebbe a fine marzo (il 19?) la chiusura dell’altoforno numero 5 per avviare i lavori di ristrutturazione ambientale previsti dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). La chiusura è programmata entro il mese di giugno, ma parrebbe intenzione dei vertici aziendali partire con le opere già in primavera. L’impianto resterebbe chiuso per tutto il 2015.
L’argomento dovrebbe essere oggetto di confronto con i sindacati metalmeccanici - Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm e Usb - a partire dai prossimi giorni. Ricordiamo, infatti, la più vicina scadenza del 28 febbraio. Entro quella data si ridiscuteranno i contratti di solidarietà applicati finora - a rotazione - a un tetto massimo di 3mila 350 lavoratori. È verosimile pensare a un allargamento dei numeri se l’I l va confermasse la chiusura dell’altoforno 5 a fine marzo. Ciò non solo per le dimensioni dell’impianto, il quale garantisce il 40 per cento della produzione di ghisa allo stabilimento siderurgico, ma soprattutto perché continuerà a restare chiuso (altre indiscrezioni dicono almeno fino ad agosto) l’al - toforno numero 1. Quest’ultimo, già soggetto ai lavori previsti dall’Aia, non è ancora ultimato. Ingente (circa 20 milioni) sarebbe il costo delle opere da pagare alle aziende dell’in - dotto impegnate nel suo rifacimento. Il momento di crisi di liquidità attraversato dall’Ilva in amministrazione straordinaria impedisce accelerazioni.
Così, fino all’estate, la grande fabbrica potrebbe contare sulla produzione degli altoforni 2 e 4. La chiusura dell’altoforno 5 imporrà, comunque e a prescindere dalla data, lo stop ad altri reparti collegati nel ciclo integrale: acciaierie, colate continue, treni nastri. Necessario perciò fare rapidamente chiarezza sui nuovi numeri del contratto di solidarietà per il 2015 e sul futuro produttivo. Non bisogna dimenticare che a marzo nascerà, dalle ceneri dell’Ilva in amministrazione straordinaria, la new company e si aprirà la partita del passaggio dei lavoratori nella nuova società. Tornando al presente, oggi gli autotrasportatori inaspriranno il blocco alla portineria C dell’Ilva , facendo passare non più venti ma solo dieci mezzi. Sarà, quindi, più difficile assicurare l’approvvigionamento di materiali con inevitabili ricadute sull’attività degli impianti.
Gli imprenditori del trasporto ritengono insufficienti le risposte date dal governo, in termini di risorse e tempi per salvare i loro crediti pregressi, rispetto al decreto «salva-Ilva». Dopodomani sono stati convocati a Roma dal ministro Lupi perché si fermi la protesta. Giovedì al Senato decreto al primo voto. Sarà l’ennesima settimana di passione all’ombra delle ciminiere. (GdM)

Ilva, protesta dell'indotto ridotto ingresso rifornimenti

Gli autotrasportatori dell'indotto Ilva oggi hanno iniziato la quinta settimana di protesta riducendo, come anticipato venerdì scorso, da 20 a 10 il numero di tir a cui viene consentito l'accesso allo stabilimento per rifornire di materie prime il siderurgico.
Resta il presidio davanti al varco C dello stabilimento di Taranto in attesa dell'incontro
convocato per mercoledì a Roma dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi con i rappresentanti della categoria. Gli autotrasportatori chiedono di rientrare almeno in parte dei crediti pregressi, nel complesso circa 15 milioni di euro, con pagamenti cash.

Questa mattina il sindaco di Taranto Ippazio Stefano si è recato nuovamente al presidio dei manifestanti parlando anche di un ordine del giorno previsto in Consiglio comunale a sostegno della loro vertenza. (RepBa)

Quei gran geni degli assessori scelti da Stefano & co!



Ilva, «Pezzi di...», il fuorionda dell'assessore Baio a “La gabbia” scatena un putiferio. Pd e Verdi: «Si dimetta»

La segreteria cittadina del Pd e i Verdi di Taranto, in due note distinte, chiedono le dimissioni dell'assessore all'Ambiente del Comune di Taranto, Vincenzo Baio, per le dichiarazioni rilasciate a un inviato della trasmissione 'La Gabbia' di La 7 durante la conferenza stampa di presentazione dell'avvio delle bonifiche.
In un fuorionda mostrato ai telespettatori, Baio parla del decreto Ilva e dice: «Nonostante tutte le promesse e le passerelle ? è un decreto in cui non c'è niente?. che devo dire che sono una massa di pezzi di ... se lo potessi dire lo farei».
Per il Pd «chi non si sente adeguato ha il dovere di lasciare il campo a chi vuol fare qualcosa per questa città. Non possiamo perderci ancora dietro i se o i ma di chi ha dubbi. Crediamo che il sindaco abbia il dovere di richiamare il dottor Baio, chiedere chiarimenti ed all'assessore di spiegare le ragioni di quanto affermato, e se queste non convincono sollevarlo dall'incarico di fiducia dato a suo tempo».
I Verdi fanno rilevare «lo scollamento totale tra le considerazioni personali di Baio e la posizione ufficiale dell'amministrazione cittadina, che ripropone il tema 'Taranto' nel modo peggiore, relegando la discussione a mero gossip, lontanissimo dalla verità e dagli interessi della comunità».(Quot)

E basta co' 'sto piano Blandino!!!

Il documento su Città Vecchia e Borgo sottoscritto dal coordinamento di associazioni "RigeneriAmo Taranto" e presentato all'assessore Lorusso.

Qualche idea per rifare Taranto. 
Qualcuna condivisibile, qualcun'altra proprio no. 
Ma quale idea per rifare i tarantini? 




Proposta di recupero, riqualificazione e valorizzazione della città di Taranto a seguito del Decreto Legge per Taranto n. 1 del 5 gennaio 2015.
Il Decreto Legge per Taranto, n. 1 del 5 gennaio 20015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 3 del 5/1/2015, pur contenendo una serie di limiti che ci si augura possano essere eliminati o meglio chiariti, a seguito dell’iter delle audizioni, rappresenta per l’intera comunità jonica uno stimolo interessante per promuovere uno sviluppo alternativo alla monocultura industriale, diversificato, ecocompatibile; inoltre ci incoraggia a ridisegnare il volto dell’intera città.
E’ una sfida di grande momento che impone a tutte le forze politiche, sociali, culturali, associative e a tutte le varie articolazioni istituzionali, di fare sistema per promuovere unitariamente un cammino che porti la nostra città a trasformarsi da “città dei fumi e dell’acciaio” e “delle navi da guerra”, così come oggi è purtroppo connotata, a città della cultura e delle risorse del mare, da città quasi totalmente dipendente dalla monocultura industriale a città in grado di imboccare la strada di uno sviluppo diversificato ed ecocompatibile. Fondamentale, in tale ottica, è definire un progetto strategico di tipo partecipato sull’esempio di altre realtà come Bilbao o Torino.
Affinchè Taranto possa ambire a diventare città della cultura, anche se non è stata individuata tra le città finaliste ad ambire a titolo capitale della cultura europea per il 2019, titolo successivamente assegnato alla città di Matera, dobbiamo e possiamo immaginare un percorso simile a quello fatto proprio da Matera. Città considerata “vergogna nazionale” negli anni cinquanta  ma che, guardando al futuro, ha saputo riscattarsi  trasformando i “Sassi”, sinonimo del degrado, in un modello abitativo sostenibile.
Matera ha i “Sassi”, noi abbiamo la “Città Vecchia”, il “Mar Piccolo” e tante altre innumerevoli bellezze e peculiarità del territorio, che nulla hanno da invidiare a Matera.
Occorre darsi dei tempi per raggiungere traguardi di breve, medio e lungo termine, in quanto il Decreto afferma esplicitamente che il Comune deve presentare un “Piano di interventi per il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione della città vecchia”, trasmettendolo ai Ministeri competenti che entro sessanta giorni valutano la compatibilità degli interventi con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, una valutazione che è sostitutiva di tutte le autorizzazioni.
E’ indubbio che il cuore del Decreto, considerando specificatamente l’art. 8, diriga le attenzioni alla Città Vecchia e all’Arsenale, ma è anche evidente come trattasi di due “aree bersaglio”di elevata importanza per l’intero tessuto urbano che obbligano ad allargare lo sguardo a tutta la città.
In considerazione di ciò riteniamo fondamentale che le politiche urbanistiche,  in stretto raccordo con le opere di  bonifica del territorio, da questo momento in poi si orientino esclusivamente e decisamente in direzione di un recupero del grande patrimonio immobiliare e della riqualificazione urbana, abbandonando prioritariamente ogni ipotesi non solo di espansione urbana ma anche di consumo di ulteriore suolo pubblico.
A tal proposito è bene ricordare che:
-          alla Camera è in discussione il Disegno di legge "Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato";
-          la Regione Puglia ha approvato la L.R. n. 26 del 20 maggio 2014 “Disposizioni per favorire l’accesso dei giovani all’agricoltura e contrastare l’abbandono e il consumo dei suoli agricoli”, pubblicata sul BUR Puglia n. 66 del 26 maggio 2014;
-          la Regione Puglia ha approvato la L.R. n. 21 del 29 luglio 2008 “Norme per la Rigenerazione Urbana”, che all’art. 1 recita “La Regione Puglia con la presente legge promuove la rigenerazione di parti di città e sistemi urbani in coerenza con le strategie comunali e intercomunali finalizzate al miglioramento delle condizioni urbanistiche, abitative, socio-economiche, ambientali e culturali degli insediamenti umani e mediante strumenti di intervento elaborati con il coinvolgimento degli abitanti e di soggetti pubblici e privati interessati”
-          la prima legge del 2015 approvata dalla Regione Puglia, pubblicata nel Bollettino Ufficiale Regionale n.16 del 30 gennaio 2015, è volta alla “Valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale”.  Quest’ultima legge si coordina con altre leggi regionali finalizzate alla tutela, valorizzazione e riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.   In particolare per la valorizzazione si collega con la L.R. 17/2013 in materia di “beni culturali, per la tutela dei manufatti di archeologia industriale che non ricadono nelle competenze statali, con la L.R. 14/2008 che sostiene la qualità delle “opere di architetturae di trasformazione del territorio e per la riqualificazione edilizia e urbana del patrimonio industriale dismesso o abbandonato, ed infine con la L.R. 21/2008 sulla “rigenerazione urbana”, sopra richiamata.
1)      CITTÀ VECCHIA
Per quanto riguarda la “Città Vecchia”, d’obbligo è rifarsi alla relazione preliminare del Comune di Taranto – Ufficio risanamento della città vecchia, e in particolare all’intervento di housing sociale. Riteniamo tuttavia come occorra avere una vision chiara : i processi di recupero, riqualificazione e valorizzazione, così come esplicitamente richiamati dal D.L n. 01/2015, devono avere un carattere non episodico o a macchia di leopardo, o unicamente dettati dall’emergenza, ma organico e sistematico. Il recupero e risanamento della Città vecchia non può inoltre non basarsi, per essere realmente perseguibile, anche sull’effettivo intervento dei privati.
Basilare, inoltre, è l’integrazione sociale: la città vecchia si recupera solo promuovendo una diversificazione del suo tessuto vitale, dei suoi residenti, portando famiglie e giovani di diversi ceti sociali a sceglierla come il posto in cui vivere e, magari, lavorare. Ogni ghetto è destinato a sgretolarsi e poi dissolversi: vale anche per la nostra città. Senza un’inversione di tendenza rispetto al progressivo spopolamento e inaridimento delle basi sociali non c’è alcuna possibilità di costruire il futuro, ma solo la concreta prospettiva una escalation di abbandoni e crolli che porta ad un deserto, civile e fisico.
Per quanto riguarda gli aspetti legati alla lettura e al conseguente recupero del tessuto urbanistico-edilizio, in particolare per quanto concerne l’edilizia residenziale, riteniamo occorra assumere in pieno l’unico piano organico e strutturale in nostro possesso, il “Piano Blandino”. Un piano che prevede la conservazione, il restauro ed il recupero del patrimonio edilizio destinandolo ad utilizzi ad esso strettamente compatibili e parziali diradamenti.

Bonifica Mar Piccolo: i fatti stanno a zero. Parlamento fissi termine presentazione Piano bonifiche

Comunicato stampa di Legambiente Taranto

Sono passati quasi 300 giorni da quando ARPA Puglia ha presentato alla Cabina di Regia lo studio sullo stato ambientale del Mar Piccolo propedeutico alla sua bonifica. Uno studio rimasto "segreto" fino ai primi di novembre quando, finalmente, dopo mesi di insistenze di Legambiente e richieste di accesso agli atti, nostre e di altri cittadini di Taranto, ARPA ha potuto renderlo noto.
Da quando è stato reso pubblico sono passati quasi tre mesi, ma di interventi concreti che vadano nella direzione della bonifica del Mar Piccolo continua a non esserci traccia. Non c'è traccia neanche di un confronto pubblico sulle ipotesi in campo e sulle indubbie problematicità che esse presentano, considerato che per anni sul Mar Piccolo si sono riversati gli effetti delle attività dell'Ilva, dell'Arsenale e della Marina Militare.

Nell'ultimo decreto Ilva, all'esame del Senato, anzi sono contenute norme che non possono non destare una forte preoccupazione. Nel decreto infatti è previsto che il Commissario straordinario per la bonifica debba predisporre un Programma di misure, a medio e lungo termine, per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell'intera area di Taranto , ma non viene fissato alcun termine per la relativa predisposizione, né vengono stanziate risorse aggiuntive.
Forte appare il rischio che il tempo continui a trascorrere inutilmente senza che vengano effettuati i rilevanti interventi necessari per la bonifica del mar Piccolo e che le risorse stanziate con decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, convertito dalla legge 4 ottobre 2012, n. 171, già insufficienti, possano essere "distratte" e utilizzate per altre operazioni di bonifica pure necessarie, ma cui andrebbero destinate risorse aggiuntive rispetto a quelle finora individuate.

Chiediamo quindi che:
- come per altri interventi previsti per Taranto dal decreto, venga fissato un termine ravvicinato - 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione - per la predisposizione del Programma di bonifica,
- venga specificato che le risorse stanziate per la bonifica del mar Piccolo restano destinate alla urgente attuazione dei primi interventi di bonifica del mar Piccolo stesso,
- si stanzino ulteriori risorse per la bonifica dell'area di Taranto.

Sono passati sei mesi dalla nomina dell'attuale Commissario per le bonifiche di Taranto, la dottoressa Vera Corbelli. "Il mio obiettivo è dare risposte al territorio e alla popolazione che finora ha visto ben poco" è una sua recente dichiarazione apparsa sulla stampa.
Alla dottoressa Corbelli torniamo a chiedere un incontro: la bonifica del Mar Piccolo non può continuare ad attendere nel silenzio e – per ora - i fatti "stanno a zero"..

sabato 14 febbraio 2015

Patetico (no comment)

Riva, il genio ucciso da una giustizia invidiosa e ignorante


Emilio Riva. Imparerete, dopo aver compulsato il libro che tenete in mano, a ripetere questo nome e a pensare alla per- sona che lo portava con infinito rispetto. Anche i più duri e convinti denigratori delle opere del citato signore, pro- prietario e gestore delle acciaierie di Taranto, dovranno – se hanno un minimo di onestà intellettuale – picconare le loro convinzioni di granito, e lasciarsi invadere almeno da un dubbio. Io non ne ho più. Era una brava persona, imperfetta come tutti, ma aveva il genio dell'imprenditore (...)
(...) lombardo; partito dal niente, ha corso il rischio d'impresa, dove si può perdere tutto, sbagliando un prodotto o una strategia. A ucciderlo però non è stata la concorrenza, o un abbaglio ingegneristico, ma ciò che non aveva considerato: il com- binato disposto – come dicono quelli che sanno le cose – di ignoranza e di invidia. La moda ecologista un tanto al chilo e l'odio per i ricchi, tipico di un cattocomunismo tutto italiano, hanno fatto scattare la sindrome del capro espiatorio. Lui con il suo orgoglioso silenzio ci ha messo del suo: ha lasciato che preparassero la pira su cui bruciarlo senza protestare, permettendo che lo accusassero e lo dipingessero come un Erode vestito di silenzio e di menefreghismo.
Ma dopo queste pagine, bisognerà riaprire la pratica. Forse non è come la raccontano. Forse non era un assassino e nemmeno un distruttore cinico della natura. Forse siamo davanti a qualcosa di più e di peggio di un errore giudiziario. In fondo l'errore non si è ancora consumato. Non c'è stato alcun giudizio né di primo né di secondo né di terzo grado, su Emilio Riva. Né ci sarà più. Triste, solitario y final , come il titolo del romanzo di Osvaldo Soriano, è morto nel carcere della sua casa prima che ci fosse alcun giudizio di merito.
Eppure la sentenza è scritta. La sua colpevolezza è stata decisa nell'istante stesso in cui pm e gip hanno spiccato i mandati d'arresto di Emilio, di un suo figlio e di vari dirigenti, spinti dal clima di «dagli all'untore» che vede gli industriali quali propagatori consapevoli della peste. Governo, partiti, sindacati, Chiesa cattolica invocano investimenti, chiamano capitali americani e il rientro di quelli italiani per rimettere in piedi l'industria. Ma appena uno riesce a far funzionare una fabbrica, dà lavoro e ricava utili, diventa un assassino potenziale e nel caso di Riva un criminale seriale. Le prove? Nessuna. Tutti si improvvisano esperti in epidemiologia e bevono come oro colato relazioni senza forza scientifica. Non serve che le tesi accusatorie siano sbugiardate da periti di tribunale. La furia da linciaggio è innescata dalla semplice ipotesi di reato. Ci si convince della volontà di fare del male. Non si prende atto che il presunto assassino, ahimè o forse per fortuna morto, ha vissuto insieme a quegli operai e impiegati, dividendo con loro polveri e fumi, oltre che la fatica. Emilio Riva... Ditelo con rispetto questo nome. Altro che mostro.
Ho imparato tutto ciò non dai giornali. Ho dovuto accorgermi dello scempio - anche se qualche cronista coraggioso aveva provato ad alzare timide barriere di buon senso contro la bufera oscurantista - leggendo le bozze del volume che ora sfogliate. Fidatevi, è prezioso.
Ci sono dei libri che hanno un valore privato, sono destinati a piccola circolazione, sono lettere ad amici o ai figli, perché ricordino qualcosa di noi. Oppure esistono le denunce pubbliche di un torto subito, e si danno alle stampe confidando che scuotano il potere dalle fondamenta.
Questo libro è un'altra cosa. È una missiva intima, che più intima non si può, perché è un lungo biglietto d'amore al proprio uomo. E insieme è una testimonianza pubblica di potenza civica dirompente. Ciò rende l'opera di Giovanna du Lac Capet una rarità, una perla e insieme una bomba. Vedrete: cercheranno di nascondere la perla e di togliere la miccia alla dinamite. Eventualmente diranno alcune parole comprensive per il dolore della vedova, le perdoneranno le accuse puntuali e chiare come il sole, dicendo: poveretta, bisogna capirla, è la moglie di Emilio Riva, morto a 88 anni, mentre era privato della libertà, malato, chiuso in casa, senza poter vedere nessuno, salvo gli avvocati; non vuole capire, la signora, che quell'uomo ha distribuito tumori come caramelle. Proprio alla descritta immagine terribile, e da cui Emilio non può più difendersi, si oppone e si opporrà questa nobile donna italiana e africana, bizantina e francese, discendente dei re Capetingi, di Costantino il Grande e degli imperatori dell'Impero romano d'Oriente. Ma soprattutto una donna innamorata, capace di versare ogni stilla di se stessa per la causa di un uomo con cui ha diviso il letto e il risotto (il lavoro no, lui glielo impedì sempre) per più di quarant'anni. Peggio delle denunce in tribunale sarebbe l'oblio o la compassione condiscendente. Se ho imparato a conoscere dalle sue parole la signora Giovanna - come presto farete voi, e arriverete in un amen in fondo al libro - la cosa che ella teme di più è la damnatio memoriae del compagno della sua vita. In che cosa consiste l'operazione? Si tratta di inquinare per sempre il ricordo di una persona, fino a impedire qualsiasi revisione storica dei fatti e dei giudizi conseguenti. È una tecnica fatta apposta per togliere la voglia di curiosare nelle vicende su cui è stata scritta la verità ufficiale, al punto che chi si azzarda a formulare un'ipotesi meno conformista è messo sulla graticola come amico prezzolato dei malfattori. Io, che sono nessuno, e non ho autorevolezza in alcun ramo della scienza e della morale, ho però un difetto: sono curioso, non mi sono mai accontentato delle verità stabilite una volta per tutte e pure con la pretesa di essere inoppugnabili. Non perché sia virtuoso, figuriamoci, ma perché mi stanco a stare in gruppo. Se non avessi in uggia la noia, avrei passato le serate a giocare a carte con gli altri inviati a Napoli per il processo Tortora, invece di spulciare tra le carte accusatorie giudicate infallibili da (quasi) tutti i miei colleghi. Sia chiaro: qui non istituisco nessun paragone tra Riva e Tortora. È diventata stucchevole questa liturgia e giustamente fa arrabbiare la figlia. Ogni ingiustizia è un'ingiustizia unica. Quella che ha colpito i Riva emerge dal racconto con la forza dell'ingenuità. E volentieri ho accettato di scrivere queste pagine come modesto deterrente ai tentativi di disinnescare la potenza della verità. Sia chiaro: non ho alcuna vocazione a fare lo scudo umano delle cause perse. Ma mi dispiacerebbe perdere questa causa. Mi sono convinto sia autentica e che tutto sia onesto, fin nelle virgole, nel diario in questione perché Emilio Riva esce dalla narrazione non come un «Cavaliere immacolato», ma persino come uno «stronzo» (lo dice la sua signora) ossessionato dal lavoro, al punto da metterlo davanti a qualsiasi cosa, anche agli affetti. È la mania milanese, il vizio lombardo. Che razza di uomo però. È tanto più efficace la testimonianza dell'autrice proprio perché è così personale, piena di elementi di una vita familiare che la riservatezza dei Riva aveva impedito finora di riferire. Ne emerge qualcosa di estremamente sobrio, e insieme tenero. Giovanna è convinta di denudarsi e di mostrare il marito nella sua autenticità. Eppure resta nella sua prosa il segno di un pudore e di una discrezione oggi incomprensibili nella pseudo-civiltà del gossip. La vedova (non so che titolo darle, forse Principessa, mi perdonerà l'ignoranza se per me è solo una signora, una vera signora) dice molte cose della storia d'amore con Emilio, ma non c'è nessuna civetteria né esibizionismo: è come chi deve mostrare le fotografie di una tortura ricevuta perché non si ripeta più per nessuno.
Il presente diario è dunque un esplosivo a carica multipla, una bomba cluster, che vuole arrivare al cuore dello Stato, nelle viscere della Giustizia e nella mente degli italiani. Allo Stato e al governo dice: Emilio Riva è stato il più grande industriale italiano. Ha illustrato il nome dell'Italia nel mondo. Ha dato un'occupazione a centinaia di migliaia di persone. Ha resuscitato la siderurgia, trasformandola in fonte di ricchezza e orgoglio nazionale, dopo che le partecipazioni statali l'avevano ridotta a idrovora di denaro pubblico. Perché non avete impedito con la forza dei decreti e del buon senso di demolire un bene?
Alla giustizia dice: che senso ha sbattere agli arresti domiciliari un signore ampiamente sopra gli 85 anni, malato? Che roba è? Non vale qui tirare fuori i bambini morti di cancro. Non c'entra nulla. È presunto innocente.
Agli italiani dice questo, Giovanna du Lac Capet. Avete in mente la figura stilizzata della Giustizia, incarnata nella dea greca Dike? L'autrice non vuole bucare il marmo della sua statua che troneggia negli androni delle varie procure e dei relativi tribunali, ma vuole provare a suscitare un senso di vergogna collettiva per il linciaggio cui è stato sottoposto il suo uomo. Il modo per persuaderli è una lettera d'amore di una donna che non sopporta le sia stato ucciso il marito dall'ingiustizia. Secondo me si illude. Ma tifo per lei. (ilgiornale)

Niente lupi nella favola di Indottolo!


Ilva, Lupi ai trasportatori «Fermate la protesta». La replica: «Andiamo avanti»

A chiedere di congelare le iniziative di mobilitazione era stato stamani il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che ha convocato un incontro al ministero con le associazioni di rappresentanza del settore il 18 febbraio alle ore 14.
Gli autotrasportatori, che da otto mesi non percepiscono le spettanze, dopo la manifestazione di ieri a Roma sono tornati a presidiare la portineria imprese dello stabilimento Ilva. Già da giorni viene consentito l’ingresso solo a venti mezzi per rifornire di materie prime il Siderurgico. I rappresentanti della categoria sostengono di non poter attendere la conversione in legge del decreto Ilva e rivendicano il pagamento cash almeno di una parte dei crediti vantati, che ammontano complessivamente per Taranto a 15 milioni di euro.
"Siamo stanchi – aggiunge Fallone – di ricevere promesse mai mantenute. A Taranto servono atti concreti, non prededucibilità che significa altre incertezze, visto che solo in caso di utili saranno tali somme divise a tutte le aziende creditrici".
Intanto, ammonta a circa 2 miliardi di euro la dote sulla quale potrà contare l’Ilva in amministrazione straordinaria non appena il Parlamento convertirà in legge il decreto 'Salva-Ilvà. Il termine scade il 6 marzo, ma non sarebbe escluso, magari ricorrendo alla fiducia, che si possa anche fare prima. "Nelle prossime settimane" l’Ilva "avrà grande liquidità e sarà in grado di pagare immediatamente i fornitori", ha annunciato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio uscendo da Palazzo Chigi.
Si è cominciato verso le 12 con un vertice di Governo al quale hanno partecipato, oltre a Matteo Renzi e a Delrio, il ministro dello sviluppo economico Federica Guidi, il viceministro Claudio De Vincenti, il sottosegretario Teresa Bellanova, i commissari straordinari dell’Ilva e i vertici di Cassa Depositi Prestiti. Proprio da Cdp arriverà parte della dote dell’Ilva. Grazie ad un emendamento del governo, che fa salvo i vincoli di statuto imposti all’ente, Cdp potrà infatti finanziare l’Ilva con prestiti, garantiti dallo Stato, fino a 400 milioni di euro. A questi soldi vanno ad aggiungersi le linee di credito riattivate dalle banche creditrici di Ilva. Intesa Sanpaolo metterà a disposizioni fidi per 200 milioni ai quali vanno ad aggiungersi i 60 milioni messi a disposizione da Unicredit.  Sempre grazie ad un altro emendamento del governo, corretto da un passaggio alla commissione Bilancio, saranno sbloccati anche i 156 milioni di Fintecna. Infine, ciliegina sulla torta, grazie all’emendamento scritto da Massimo Mucchetti su indicazioni del procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, e poi ripresentato dal Governo, dovrebbero arrivare a brevissimo anche il miliardo e quasi 300 milioni di euro dei soldi sequestrati ai Riva e ancora tenuti in Svizzera. Un fiume di denaro che, secondo una fonte, potrebbe arrivare già all’approvazione del decreto in Senato. La giornata dell’Ilva ha avuto un seguito importante nel pomeriggio quando i lavoratori e le imprese dell’autotrasporto, che da settimane protestano a Taranto, sono arrivati a Roma per manifestare davanti a Montecitorio. Le loro voci arrivavano distinte nelle sale di palazzo Chigi dove, nel frattempo, Renzi teneva la seconda riunione sul Siderurgico con i rappresentanti degli enti locali, i sindacati e Confindustria Taranto. "Abbiamo constatato la tangibile attenzione e impegno da parte del governo", ha detto il sindaco di Taranto Ipazio Stefàno uscendo dalla riunione. "L'autotrasporto è stato considerato un servizio importante e i pagamenti riprenderanno non appena il decreto sarà legge". A Palazzo Chigi sono stati infatti messi a punto alcuni emendamenti a favore dell’indotto e dell’autotrasporto che il Governo presenterà martedì prossimo in commissione. L’ipotesi è quella di rendere prededucibili i crediti pregressi di fornitori e autotrasportatori, è poi già previsto un emendamento che rafforza a 30 milioni di euro il fondo di garanzia per le pmi a tutela dei crediti futuri mentre sembra ormai acquisito che la maggior parte delle imprese appaltatrici dell’Ilva saranno considerate creditori strategici.

SINDACO STEFANO: L'INCONTRO È ANDATO BENE - "Dallo Stato arriverà un prestito ponte per l’Ilva di 260 milioni". Lo ha detto il sindaco di Taranto e Ipazio Stefàno uscendo dalla riunione di palazzo Chigi che si è appena conclusa mentre ancora davanti a Montecitorio protestano gli autotrasportatori di Taranto. "L'incontro – ha detto Stefàno – è stato molto positivo. Già il fatto di poter ottenere in meno di 24 ore una convocazione è segno della tangibile attenzione e impegno da parte del governo".
"L'incontro è  andato bene: c'è l’impegno formale, l’impegno vero del  Governo e delle altre istituzioni a chiudere tutto entro il 5  marzo ampliando le risposte e tenendo presente le pmi". Così  il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, al termine  dell’incontro a Palazzo Chigi sull'Ilva. "E' aumentato il finanziamento - ha sottolineato Stefano - non è mai stato  così grande. Il Governo lavora per accelerare i tempi". Le  risorse che dovranno alimentare gli arretrati dei creditori e  far funzionare lo stabilimento di Taranto, ha spiegato  Stefano, dovrebbero includere "1,3 miliardi sequestrati dal  Tribunale di Milano, 150 milioni da Fintecna e 260 milioni  dal prestito ponte con l’impegno delle banche a garantire i  pagamenti".

Stefano ha spiegato che sono allo studio  soluzioni anche per gli autotrasportatori "che hanno avuto il  riconoscimento dei servizi essenziali". Le fatture non pagate  delle aziende dell’indotto "rientreranno nel pacchetto dei  rimborsi. Prevista anche la sospensione del pagamento Iva per  sei mesi, a partire dall’autotrasporto. Siamo molto  soddisfatti di questo incontro perchè testimonia  l'attenzione vera da parte del Governo nei confronti di  lavoratori e aziende".
"Il premier Renzi ci ha ascoltato per due ore durante le quali abbiamo potuto esporre tutti i problemi di Taranto. A breve ci saranno delle risposte.
L’autotrasporto è stato considerato un servizio importante e i pagamenti riprenderanno non appena il decreto sarà legge, cioè entro il 5 marzo". Il sindaco di Taranto ha confermato che martedì prossimo il governo presenterà un nuovo emendamento a tutela dei crediti dei trasportatori, mentre i fornitori dell’Ilva saranno in gran parte considerati fornitori strategici.
Oltre al prestito ponte di 260 milioni garantito dallo Stato l'Ilva – secondo quanto riferito dal sindaco di Taranto – potrà giovarsi dei 160 milioni di Fintecna oltre al miliardo e 200 milioni sequestrati ai Riva.

SIT IN A PALAZZO CHIGI DEI LAVORATORI - Si sono ritrovati all’alba davanti alla portineria imprese dello stabilimento Ilva e sono partiti con 11 bus alla volta di Roma gli autotrasportatori e gli altri lavoratori dell’indotto Ilva che non percepiscono da 8 mesi le spettanze dall’azienda. In tarda mattinata sit in davanti a Palazzo Chigi. Al fianco dei lavoratori il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, il presidente della Provincia Martino Tamburrano, il presidente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesareo e alcuni rappresentanti sindacali. Su uno dei bus con a bordo i lavoratori è stato affisso lo striscione 'Game over autotrasportatori Ilva Tarantò.
I rappresentanti della categoria sostengono di non poter attendere la conversione in legge del decreto Ilva e rivendicano il pagamento cash almeno di una parte dei crediti vantati, che ammontano complessivamente a 15 milioni di euro.
"A Roma – sottolinea Giacinto Fallone, uno dei portavoce della protesta – si deciderà il futuro di migliaia di famiglie di Taranto. Se non avremo le certificate garanzie per il ristoro dei nostri crediti, ormai antichi ma necessari, con sommo dispiacere, ma con determinazione, saremo noi a chiudere lo stabilimento Ilva di Taranto. Almeno porremo su un piano di parità i destini di tutti”. Una delegazione di manifestanti chiederà di essere ricevuta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal sottosegretario Graziano Delrio.

MINISTRO LUPI CONVOCA AUTOTRASPORTATORI
Al fine di esaminare le problematiche relative ai rapporti tra le imprese di autotrasporto e la società Ilva, il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ha convocato un incontro con le associazioni di rappresentanza del settore il 18 febbraio alle ore 14. Nella circostanza il ministro ha invitato gli interessati a sospendere l'agitazione e concordare insieme ogni decisione in merito. (GdM)

venerdì 13 febbraio 2015

Aspetta e spera

Taranto, via la terra inquinata dal quartiere Tamburi 

Un’operazione che durerà centocinquanta giorni su 36 mila e 400 metri quadrati di terreno del quartiere Tamburi. Operazione che somiglia davvero a un intervento chirurgico: saranno asportati i primi 30 centimetri di terra da aiuole e zone verdi. Il paziente è il quartiere più martoriato della città, a ridosso delle ciminiere che hanno colorato quella terra - e non solo - di un rosso ruggine. Quella stessa terra che indusse il sindaco Stefàno a emanare un’ordinanza che vietava l’accesso alle aree verdi non pavimentate del quartiere Tamburi su cui si riscontrava “un rischio sanitario non accettabile”.
Ieri è stato ufficializzato il via alle operazioni di bonifica nelle aree del Sottoprogetto 4. Il lotto in questione fa parte della riqualificazione della zona residenziale mentre una seconda fase riguarderà la zona più a nord, vicino al cimitero San Brunone. Ad aggiudicarsi l’appalto per circa 2 milioni di euro è stata l’azienda Axa: i quantitativi di terreno verranno rimossi, stoccati e depositati temporaneamente in un’area nei pressi del campo sportivo Atleti d’Italia.
Come anticipato, saranno asportati i primi trenta centimetri per ogni terreno e sostituiti da terra vergine acquistata dall’Amiu. La caratterizzazione aveva dato risultati incontrovertibili sui superamenti dei livelli di inquinanti.
In particolare, i risultati delle analisi relativi ai campioni di suolo/sottosuolo avevano evidenziato superamenti delle “concentrazioni soglia di contaminazione” nel suolo superficiale in maniera estesa per il Berillio (11 su 39 campioni) e sporadicamente per Antimonio, Piombo, Zinco, PCB, Idrocarburi pesanti mentre nel suolo profondo per Antimonio (4 su 39 campioni) e puntualmente per Arsenico, Berillio, Cromo totale, Nichel, Cobalto e Idrocarburi pesanti. Nel marzo 2011, l'analisi di rischio integrata evidenziò le criticità relative al rischio totale per sostanze cancerogene da suolo superficiale non accettabile. Come già riportato nella precedente analisi del maggio 2010, il rischio per singola sostanza cancerogena restava non accettabile per i parametri PCB e Benzo(a)Pirene. Si confermava, inoltre, il rischio per i bambini di entrare in contatto con sostanze come PCB, Antimonio, Piombo e Ferro.
Sarà una tensostruttura in depressione a fare da deposito temporaneo per questi cumuli che saranno ulteriormente analizzati prima di essere trasferiti e smaltiti verso i siti finali. I lavori proseguiranno per cinque mesi e inizieranno operativamente la prossima settimana.
Alla presentazione ufficiale c’erano il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, il commissario straordinario per le bonifiche, Vera Corbelli, l’amministratore delegato Gruppo Axa, Giampiero Corvaglia e i progettisti Maurizio Notarnicola, Gianluca Intini e Vincenzo La Gioia.
«Si avvia un’era nuova, fatti concreti, si entra nel vivo dell’ambientalizzazione» è stato il concetto espresso dai due rappresentanti istituzionali.
Propositi che però si scontrano con le fonti inquinanti ancora attive. Secondo quanto ammesso anche dall’ingegner Intini che ha ricordato le previsioni dell’Arpa Puglia: uno studio dell’agenzia regionale, emerso durante la cabina di regia dell’aprile del 2013, ha calcolato che i terreni bonificati potranno ritornare agli stessi livelli di inquinamento in un lasso temporale che varia dai 50 ai 150 anni. Ovviamente, a seconda dei livelli e del tipo di produzione delle industrie presenti a Taranto. Il progetto, infine, prevede l’intervento anche in alcune scuole. Anche qui è bene fare delle precisazioni. Per l’aspetto delle bonifiche, saranno interessate al momento tre scuole, Giusti, Gabelli e Vico poiché quelle che si trovano al confine settentrionale (D’Aquino, De Carolis e Deledda) erano escluse dal perimetro della vecchia caratterizzazione.
Quindi, il Comune ha dovuto realizzare nuovamente la caratterizzazione: nel giro di due mesi si comprenderà l’analisi di rischio e se ci dovesse essere un superamento degli inquinanti anche in quelle scuole, si procederà alla bonifica. Per quanto riguarda la riqualificazione strutturale, invece, il protocollo prevede l’adeguamento termico-impiantistico delle scuole de Carolis, Deledda, Gabelli, Giusti e Vico. (Quot)

giovedì 12 febbraio 2015

Sotto la cenere c'è solo Taranto!

Ilva, Guidi: salvataggio ci sarà, sotto la cenere c'è un gioiello

Il salvataggio dell'Ilva ci dovrà essere, il governo si è impegnato perché ci siano anche risorse pubbliche per gestire il percorso di reindustrializzazione". Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi parlando del rilancio dell' Ilva di Taranto, a margine dell'assemblea generale di Confindustria Padova. "Bisognerà mettere l'Ilva in condizioni di produrre - ha proseguito Guidi - sarà una nuova società che ritornerà a stare sul mercato e ricomincerà meglio di prima a produrre posti di lavoro e benefici per il proprio indotto. Il Governo si è impegnato nel rilancio industriale dell'Ilva, ci ha messo la faccia affinché l'azienda esca dalle secche perché sotto la cenere c'è un gioiello industriale", ha concluso. (askanews)

Ilva, corsa contro il tempo per trovare i fondi. Il decreto del governo fa acqua


   Fa acqua da tutte le parti il decreto salva Ilva varato dal governo alla vigilia di Natale. Come del resto era emerso fin dalla pubblicazione del testo in Gazzetta ufficiale, quando è apparso evidente che i circa 2 miliardi di euro stimati dal premier Matteo Renzi come investimento complessivo necessario per Taranto erano tutto meno che a portata di mano. Perché gli 1,2 miliardi sequestrati ai Riva, azionisti del gruppo con il 90%, benché siano stati “scudati” sono in gran parte custoditi in Svizzera e i commissari straordinari Piero Gnudi, Corrado Carrubba e Enrico Laghi stanno ancora trattando per riportarli in Italia. E si scontrano con il muro opposto dai magistrati di Zurigo, contrari all’ipotesi di “girare” quei soldi alle autorità della Penisola prima di una sentenza definitiva passata in giudicato nei confronti dei componenti della famiglia Riva accusati di evasione, riciclaggio e truffa ai danni dello Stato. Di qui la necessità di mettere pezze qua e là nel corso dell’iter parlamentare, che dovrà concludersi entro il 6 marzo pena la decadenza del provvedimento.
   L’ultima riprova è arrivata giovedì, quando il governo, per permettere che andasse in porto l’ipotesi di un prestito d’urgenza di Cassa depositi e prestiti al siderurgico, ha presentato un emendamento che autorizza “l’organo commissariale a stipulare finanziamenti per un ammontare complessivo fino a 400 milioni di euro assistiti dalla garanzia dello Stato” e istituisce appositamente “nello stato di previsione del ministero dell’Economia un fondo a copertura delle garanzie dello Stato concesse ai sensi della presente disposizione, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l’anno 2015″. Non solo: un’altra proposta di modifica dell’esecutivo ha recepito in toto quella presentata il 30 gennaio dal presidente della commissione Industria Massimo Mucchetti. L’emendamento, destinato a diventare parte integrante del decreto definitivo, nasce dalle critiche del procuratore Francesco Greco, secondo cui il testo attuale potrebbe bloccare il rientro dei capitali dalla Svizzera.
   Ma l’escamotage individuato per fugare le obiezioni dei giudici svizzeri sembra di dubbia fattibilità, perché non affronta la loro perplessità di fondo legata alla possibilità, per quanto remota, che i Riva possano alla fine risultare vincitori delle cause penali pendenti. L’emendamento prevede infatti che i commissari dell’amministrazione straordinaria possano “richiedere che il giudice procedente disponga l’impiego delle somme sequestrate (…) per la sottoscrizione delle obbligazioni emesse dalla società in amministrazione straordinaria”. A questo punto “il sequestro penale delle somme si converte in sequestro delle obbligazioni”, che “sono nominative e devono essere intestate al Fondo unico di garanzia“, quello su cui sono depositati i poco più di 160 milioni ora a disposizione di Gnudi, Carrubba e Laghi. Le somme ottenute dalla sottoscrizione delle obbligazioni saranno poi versate “in un patrimonio” della società in amministrazione straordinaria destinato “in via esclusiva all’attuazione e alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell’impresa” e “nei limiti delle disponibilità residue a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di modifica ambientale”.
   Peraltro resta tutta da chiarire l’architettura societaria che il governo intende mettere in campo per risanare il siderurgico e, stando agli auspici, cederlo poi a uno o più gruppi privati. Non sono ancora state definite le modalità di intervento di Cassa depositi e prestiti, chiamata in partita dal governo sia come investitore nella newco che dovrebbe prendere in affitto gli impianti sia – insieme alle banche già creditrici – come fornitore della liquidità indispensabile per pagare i dipendenti e i fornitori, che nel frattempo continuano a protestare e venerdì manifesteranno di nuovo davanti a Palazzo Chigi.
   Sullo sfondo resta poi la spada di Damocle delle eventuali azioni legali che gli stessi Riva, di fatto espropriati all’atto dell’ammissione dell’Ilva alla procedura di insolvenza, potrebbero intentare nei confronti dello Stato. La famiglia ha appena deciso di mettere in liquidazione la holding Riva Fire, a cui faceva capo il siderurgico e che ha chiuso il 2014 con perdite per oltre 1 miliardo di euro. Come riportato da Il Sole 24 Ore, nella relazione sulla gestione allegata al bilancio il consiglio di amministrazione scrive che la richiesta di ammissione alla legge Marzano rivista dal decreto Ilva “sembra un atto sotteso più ad una finalità espropriativa che alla ricerca dell’equilibrio tra industria e compatibilità ambientale” e “della cui tenuta, anche in relazione a principi costituzionali e comunitari, fortemente si dubita”. Di conseguenza Riva Fire non esclude ricorsi “per i danni subiti a seguito dei provvedimenti, ritenuti ingiusti, di commissariamento e di sequestro degli impianti”. (FQ)

Indottolo va Roma!

Ilva, la protesta si sposterà a Roma

Si sposterà da Taranto a Roma domani la protesta degli autotrasportatori dell’indotto Ilva che sono alla quarta settimana di mobilitazione e rivendicano il pagamento dei crediti vantati nei confronti del Siderurgico. Le modalità non sono ancora state definite, ma all’iniziativa hanno aderito anche gli altri lavoratori delle ditte d’appalto, i vertici locali di Confindustria e ha dato la disponibilità a partecipare anche il sindaco di Taranto Ippazio Stefano.
Uno dei portavoce degli autotrasportatori, Giacinto Fallone, parla di "ultima spiaggia. Andremo a Roma e vogliamo essere 1.000. Daremo l’ultima possibilità allo Stato e al signor Renzi. Avremo così la coscienza pulita di aver compiuto ogni attività possibile e responsabile". In mancanza di segnali positivi, i manifestanti non escludono il blocco totale delle forniture al Siderurgico. Anche oggi gli autotrasportatori sono in presidio davanti alla portineria C dell’Ilva di Taranto e consentono l'ingresso solo a 20 mezzi per rifornire di materie prime lo stabilimento.
"Siamo uomini alla disperazione – spiega Fallone - da otto mesi, senza soldi e da un mese in un piazzale alla polvere e al freddo con le famiglie in forte difficoltà per il soddisfacimento dei bisogni minimi. Vergogna: non mi stancherò di gridarlo". (GdM)

Scava, scava!

Dragaggi al porto di Taranto, il Consiglio di Stato dà l'ok. Ora si può stipulare il contratto dei lavori 

Stavolta, si può tirare un sospiro di sollievo. Si spera, definitivo. Il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva sui dragaggi al porto di Taranto e la ditta Astaldi Spa ha potuto firmare le carte per l’affidamento dei lavori.
La telenovela sembra giunta al termine anche se rimane in piedi la questione del merito. Ma - meglio sussurrarlo - da indiscrezioni istituzionali e sindacali, la strada sembrerebbe in discesa.
Una storia intricata che ieri ha subìto un passaggio fondamentale. La domanda di sospensiva al Consiglio di Stato era stata avanzata dalla seconda classificata, ossia il consorzio Grandi Lavori Fincosit Spa; al Tar di Lecce, invece, aveva ricorso anche la ditta Piacentini, più in giù nella graduatoria.
Dapprima il Tar di Lecce, con ordinanze cautelari 36/2015 e 37/2015 depositate il 23 gennaio, aveva respinto le istanze.
Ieri, stessa sorte dal Consiglio di Stato. Un percorso a ostacoli e non semplice sin dall’inizio: l’empasse era stata causata da un’offerta risultata anomala perché troppo bassa rispetto ai parametri generali stimati per l’intera opera.
A fine dicembre, in attesa dei ricorsi pendenti, l’Autorità Portuale aveva proceduto a un’aggiudicazione efficace ma non alla consegna dei lavori: l’importo è di quasi 52 milioni di euro.
L’offerta economica di Astaldi Spa è stata nello specifico di 51.867.153,06 euro oltre 279.101,76 per oneri inerenti all’attuazione dei piani di sicurezza. A base di gara era posto un progetto definitivo per 72.182.438,81 di euro.
Il tempo offerto per l’esecuzione dei lavori era pari a 327 giorni solari su 670 giorni previsti in progetto posto a base di gara.
Il dragaggio ha sia la finalità di bonifica ambientale mediante la rimozione dei sedimenti contaminati (2,3 milioni di metri cubici di sedimenti), sia di portualità attraverso il raggiungimento della profondità di 16,50 metri che consentirà l’attracco di portacontainer da 18 mila Teus rispetto a quelle attuali da 8 mila.
I lavori sono complementari all’adeguamento della banchina, assegnato a Consorzio stabile Grandi Lavori, Ottomano e Favellato il 28 agosto del 2014, che prevede un importo di poco meno di 50 milioni di euro compresi gli oneri per la sicurezza.
Opere strutturali saranno realizzate lungo la banchina esistente per consentire l’approfondimento dei fondali dagli attuali 14,50 metri ai 16,50.
Non solo. Si realizzeranno le vie di corsa in grado di servire le gru di banchina di ultima generazione con la possibilità di intervento sino alla ventiquattresima fila della stiva delle portacontainer di nuova generazione.
Sarà consentita la movimentazione contemporanea di quattro container da 20 piedi per volta, si raddoppierà la capacità di trasferimento di carico per gru con 100 tonnellate/metro lineare e 2 milioni di Teus (misura standard di volume nel trasporto dei container, ndc).
Restano in piedi, come specificato a fine gennaio dall’Autorità portuale, le udienze di merito al Tar fissate rispettivamente per il 18 marzo 2015 e 9 aprile 2015. Ma, da ieri, si guarda con meno pessimismo al restyling del porto tarantino. (Quot)

martedì 10 febbraio 2015

Chi ha paura di Indottolo?

L'Ilva no di certo... 

Protesta indotto Ilva, 40 tir davanti al municipio

Dopo la marcia sulle statali 7 e 106, quaranta tir senza rimorchio delle ditte di autotrasporto dell'indotto Ilva - in rappresentanza dell'intero settore che protesta da oltre venti giorni - hanno raggiunto la città di Taranto. I mezzi pesanti, scortati dalle forze dell'ordine, si sono posizionati davanti al Municipio.
    I rappresentanti della categoria rivendicano il pagamento dei sette mesi di stipendi arretrati perché non hanno nemmeno le risorse per acquistare il carburante e devono far fronte anche a un indebitamento finanziario con gli istituti di credito provocato da questa situazione. ''Le banche - ha precisato Giacinto Fallone, uno dei portavoce - hanno già chiesto a molti imprenditori di Taranto il rientro per tutte le fatture non onorate dall'Ilva. Praticamente stanno ponendo in fallimento le imprese e in povertà i titolari e soci che hanno garantito con i propri beni personali i fidi bancari''. Al presidio partecipano i portavoce degli autotrasportatori Vladimiro Pulpo (referente di Confindustria Taranto), Antonio Merico, il presidente della locale associazione degli industriali Vincenzo Cesareo e una delegazione degli imprenditori dell'indotto. Il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, si è recato sul posto per parlare con i manifestanti. Gli autotrasportatori gli hanno consegnato le chiavi dei loro tir sotto l'occhio di cameramen, fotografi e giornalisti e hanno sottolineato che ''il problema dell'indotto è un problema per l'intera città di Taranto''.
C'era anche un gruppo di persone che ha contestato le modalità della protesta mostrando lo striscione: 'Bloccate l'Ilva, la città no'. Dopo il sit-in i tir torneranno davanti al varco C dell'Ilva, dove stazionano da più di tre settimane altre decine di autoarticolati. Attualmente viene consentito l'ingresso nello stabilimento solo a 20 mezzi che trasportano materie prime per l'attività produttiva.
Gli autotrasportatori, in mancanza di risposte, minacciano il blocco totale dei rifornimenti e non escludono una manifestazione con i tir a Roma. (ANSA)

lunedì 9 febbraio 2015

E i Riva ringraziano Renzi & co.

Ilva, due miliardi sequestrati ai Riva. “Ma bloccati all’estero dal decreto”

Due miliardi sequestrati alla famiglia Riva ma che non possono essere utilizzati per via di una norma del decreto legge Ilva che ha bloccato la procedura di rientro in Italia di gran parte dei fondi trovati dalla magistratura nei trust gestiti da istituti svizzeri. La circostanza è emersa durante una seduta della commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che ha ascoltato il coordinatore del dipartimento diritto penale dell’economia, affari civili societari, reati fallimentari della Procura di Milano, Francesco Greco. Il pm, si legge in un comunicato, ha illustrato lo stato attuale delle somme sequestrate al gruppo Riva che in tutto raggiungono i due miliardi di euro. Nello specifico sono stati bloccati 1,2 miliardi riconducibili a trust gestiti da istituti finanziari svizzeri; di questi, 125 milioni sono già in Italia, mentre per la somma residua sono in corso ormai da tempo le procedure per il rientro. Altri 700-800 milioni sono stati poi congelati in un procedimento penale nei confronti di Adriano Riva, che ha completato da poco la fase del giudizio di primo grado.
Secondo Greco le misure contenute nel decreto Ilva hanno bloccato la procedura di rientro in Italia di gran parte dei fondi, “creando un impasse che potrà essere risolto da una eventuale modifica in fase di conversione”. Soldi, questi, che dovranno essere utilizzati per la realizzazione delle prescrizioni ambientali contenute nell’Aia degli impianti Ilva di Taranto. “Al di là del momentaneo rallentamento del trasferimento dei fondi sequestrati”, Greco ha spiegato che in ogni caso quei soldi non potranno cambiare destinazione o “sparire”, grazie alla recente normativa sull’autoriciclaggio, che impedisce alle banche elvetiche lo spostamento delle somme. “Il problema riguarda, dunque, solo i tempi per la conclusione dell’operazione e non la disponibilità economica”.
Secondo il magistrato occorrerà, infine, un grande sforzo di trasparenza quando i soldi sequestrati arriveranno effettivamente a Taranto, vista la delicatezza degli interventi necessari e la consistenza dei fondi resi disponibili. “Noi come commissione parlamentare d’inchiesta – assicura il presidente, Alessandro Bratti (Pd) - vigileremo sulla attenta attuazione dell’Aia, con particolare riguardo alla gestione dei rifiuti e al relativo impatto sull’ambiente della città di Taranto”. (FQ)

Indottolo assalta la città (ci mancava giusto un po' di smog...)

Ilva, protesta indotto, i tir domani invadono la città di Taranto

I camionisti dell’indotto Ilva, che hanno iniziato la quarta settimana di protesta reclamando il pagamento dei crediti vantati nei confronti del Siderurgico, domani invaderanno con i tir la città di Taranto causando inevitabilmente disagi alla circolazione. Lo annuncia Vladimiro Pulpo, referente di Confindustria per la categoria degli autotrasportatori.
Alle 9, dalla portineria imprese dell’Ilva, dove c'è un presidio permanente e da tre giorni è ridotto a 20 il numero di camion autorizzati ad entrare per rifornire di materie prime l’acciaieria, gli autoarticolati si sposteranno sulle statali 100 e 106 per dirigersi verso la città e raggiungere in tarda mattinata il Municipio di Taranto. Gli incolonnamenti dovrebbero bloccare le strade della città vecchia, la ringhiera del lungomare e il ponte girevole. I camionisti cercheranno di incontrare il prefetto e il sindaco di Taranto, ai quali voglio consegnare le chiavi dei loro mezzi.
Gli autotrasportatori non percepiscono le retribuzioni da sette mesi e pretendono garanzie immediate sui loro crediti. In mancanza di risposte, secondo quanto annunciato dai rappresentanti della categoria, “si arriverà al blocco totale delle forniture”. (GdM)