lunedì 15 aprile 2013

L'inerzia e il dolo


Questa mattina, il barista: "ma si votava ieri?"
Io : "Si"
Barista: "Sempre si vota in Italia......e che cazzo di votazioni erano?"
Io: "Referendum sull'ILVA"
 
Barista: "Ilva? E magari la chiudevano, ci stanno ammazzando!"
...

A questa chicca della proverbiale indolenza dei tarantini, aggiungiamo che l'operazione di dimezzamento delle sedi elettorali ha dato non pochi disagi, mentre la concentrazione del voto nella sola domenica (la prima vera domenica praticamente estiva dell'anno) ha tenuto lontani molti potenziali votanti. Per non parlare dell'opposizione dei sindacati e del velo di silenzio calato dai partiti e dalle organizzazioni politico-amministrative.
Ma oltre 33.000 votanti sono cumunque un risultato rilevante per un popolo poco avvezzo alla partecipazione.
Ad una prima lettura delle differenze tra quartieri pare che l'Ilva sia soprattutto avvertita come un problema dalle frange più agiate della popolazione, mentre poco ancora sappiamo dei cittadini meno abbienti e delle aree popolari, sia per lo scarso livello di informazione e partecipazione che per la tradizionale diserzione dei referendum, uno strumento di democrazia diretta di cui non è avvertita l'importanza.
Ecco i numeri: "Al Borgo e Città Vecchia ha votato il 20.5%. Montegranaro-Saline Il 23.38. Paolo VI 9,7. TalsanoLama-San Vito 18,2. Tamburi 14,4. Tre Carrare-Solito 20,4."




Ilva, flop referendum. Affluenza alle urne il 19,52%
I tarantini disertano il referendum sul futuro dell'Ilva: in pochi sono andati a votare e la sfida del quorum lanciata dai promotori dell'iniziativa è fallita: un flop. I seggi, aperti dalle 8, si sono chiusi alle 22 ma la consultazione non ha ottenuto i numeri necessari per essere ritenuto valida. Non è stato raggiunto il quorum del cinquanta per cento più uno degli aventi diritto (173mila). Anzi, la percentuale è ben al di sotto delle aspettative degli organizzatori: il 19,52%. Hanno votato 33.774 persone su 173.061 aventi diritto. In alcune sezioni ci sono state file ai seggi, ma solo in poche sezioni del borgo. Ha vinto il Sì alla chiusura: la preferenza è stata però dunque espressa da poche migliaia di elettori. I tarantini sono stati chiamati a votare per il referendum promosso dal Comitato «Taranto Futura» che per questo ha raccolto 12.000 firme. Una croce su un sì o su un no per decidere del futuro della fabbrica, se il colosso dell'acciaio deve o no chiudere in tutto o in parte.
Ai tarantini sono state poste due domande: sì o no alla chiusura totale dello stabilimento; si o no alla chiusura parziale dell'Ilva cioè della sola area a caldo, quella sottoposta a sequestro dalla magistratura dal luglio 2012 perchè altamente inquinante. È questo il dilemma che strazia la città e i tarantini da sempre, acuito in modo esponenziale negli ultimi mesi, da quando cioè è intervenuta la magistratura dando il via ai primi sequestri, ipotizzando nelle accuse un disastro ambientale senza precedenti. Lavoro o salute? Oggi la possibilità di fornire una risposta era proprio lì. Lì, a Taranto, dove i numeri sui casi di tumore, soprattutto tra i bambini, fanno tremare i polsi, lì dove le famiglie hanno sempre almeno un proprio congiunto che è impiegato nella grande fabbrica, lì dove la magistratura ha ingaggiato una battaglia forse unica nel suo genere, lì dove i padroni dell'azienda (alcuni dei quali ancora agli arresti domiciliari, ad oltre nove mesi dalla esecuzione della prima ordinanza di custodia cautelare) puntano i piedi rallentando lo stanziamento necessario per la mega-bonifica imposta ormai anche dall'Aia, lì tutto è davvero ormai un grande, intricato, nodo da sciogliere. Il referendum, solo consultivo, aveva la necessità di vedere alle urne il 50% più uno degli aventi diritto, che sono poco più di 173.000.
Il quorum da raggiungere era dunque di oltre 86.000 votanti. Il Comune ha costituito 82 sezioni, in 19 scuole e una nell'ospedale Santissima Annunziata. Malgrado gli appelli fatti nei giorni scorsi da associazioni ambientaliste, come Peacelink (il presidente, Alessandro Marescotti oggi nel suo blog ha attribuito una grossa responsabilità per la scarsa partecipazione al referendum anche al Movimento 5 Stelle che non si è mobilitato), i tarantini, sembra quindi abbiano voluto snobbare le urne. Sono stati convinti, forse, dagli inviti all'astensione o dai giudizi di 'inutilita» espressi da partiti e sindacati. Per il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, in realtà sul referendum «è stata fatta una scientifica opera di boicottaggio perchè non solo non c'è stata una informazione adeguata in grado di raggiungere tutta la popolazione ma l'amministrazione comunale ha tagliato del 50% i seggi elettorali e gli scrutatori». Un voto, quello di oggi, che è arrivato, a pochi giorni dalla sentenza, emessa il 9 aprile scorso, con la quale la Corte Costituzionale ha stabilito che la legge 231 del 2012, la cosiddetta legge salva-Ilva è costituzionale e non lede l'autonomia del potere della magistratura. La legge stabilisce che l'Ilva può continuare a produrre ma a condizione che l'azienda proceda, passo dopo passo, alla bonifica dell'area, seguendo tutte le prescrizioni previste dall'Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Intanto, il 12 aprile scorso, il neo-amministratore delegato dell'Ilva, Enrico Bondi, subito dopo la nomina, ha compiuto una visita in fabbrica per incontrare il direttore dello stabilimento, Antonio Lupoli, capi area e dirigenti, accompagnato dal presidente Bruno Ferrante. Il nuovo Ad ha tra l'altro preso immediatamente visione dello stato dei lavori nelle aree maggiormente interessate dalle prescrizioni Aia, quindi parchi minerali, altoforni e cokerie.
I DATI DEFINITIVI - Ha prevalso il Sì sulle ipotesi di chiusura totale o parziale dell'Ilva, ma il referendum consultivo che si è svolto ieri a Taranto non ha raggiunto il quorum richiesto del 50% più uno dei votanti. Si è infatti recato alle urne, secondo il dato definitivo, il 19,55% (33.838 persone) degli aventi diritto. Questi i risultati: hanno detto Sì alla chiusura totale dello stabilimento (primo quesito) 27.506 elettori (pari all'81,29%) e no 5.838 elettori (17,25%), mentre sono stati 494 i voti non validi. Per la chiusura parziale della sola area a caldo che comprende gli impianti inquinanti (secondo quesito) hanno votato Sì 31.335 elettori (pari al 92,62%) e no 1.792 cittadini (5,30%); 706 i voti non validi. Nel quartiere Tamburi il più esposto all'inquinamento, ha votato il 14,57% degli aventi diritto. Il rione in cui si è votato di più è stato Italia-Montegranaro (23,68%) e quello in cui si è votato di meno Paolo VI (meno del 10 per cento). (CdM)

Nessun commento: