sabato 4 agosto 2012

Bomba!!!

Ilva, attesa per il verdetto del Riesame
Clini: "Nessun rapporto con i dirigenti"

Entro giovedì la decisione sul sequestro e i domiciliari per i vertici del colosso: la procura deposita nuove intercettazioni, la difesa proprie perizie per dimostrare il rispetto delle regole. Quarantuno denunce per i disordi durante la manifestazione di giovedì. Spunta il riferimento al ministro dell'Ambiente. L'azienda licenzia il funzionario indagato

La prossima settimana, forse già mercoledì, il verdetto sui sigilli e gli arresti all'Ilva. Ma con le nuove intercettazioni depositate dalla procura, scoppia un caso Clini. Il contenuto è filtrato nel corso dell'udienza del tribunale del Riesame, conclusasi oggi, sui ricorsi presentati dal colosso del siderurgico contro il decreto di sequestro di sei impianti dell'area a caldo e l'arresto di otto dirigenti ed ex dirigenti. Il riferimento al ministro, e ai suoi presunti rapporti con dirigenti dell'azienda, filtra da indiscrezioni, e non risulta nelle carte depositate dalla Procura che riguardano il procedimento per disastro ambientale. Si riferisce però al procedimento per corruzione in atti giudiziari che è stato unificato a quello nei confronti dell'Ilva per disastro ambientale colposo e doloso. Il ministro dell'Ambiente prende le distanze dalle indiscrezioni che definisce: "Insinuazioni inaccettabili". L'Ilva, nel frattempo, licenza il funzionario addetto alle pubbliche relazioni del Gruppo, indagato.

Gli atti depositati ieri - in cui leggono altre conversazioni tipo "la stampa dobbiamo pagarla tutta; gli ispettori, dobbiamo legargli il culo alla sedia" - riguardano solo il filone 'ambientale' della vicenda. E in una nota ufficiale il procuratore di Taranto Franco Sebastio precisa: "Nelle intercettazioni depositate dalla procura davanti al tribunale del Riesame non c'è alcun riferimento al ministro dell'Ambiente, Corrado Clini; in nessuna di tali intercettazioni risulta, direttamente o indirettamente,
il nome del ministro". C'è però quello di Girolamo Archinà, ex pr di Ilva, protagonista di alcune telefonate agli atti, scaricato dall'azienda. "La società - ha comunicato il presidente Bruno Ferrante - ha da oggi interrotto ogni rapporto di lavoro con il sig. Girolamo Archinà che pertanto in alcun modo e in nessuna sede può rappresentare la società stessa. La decisione del presidente è stata immediatamente presa dopo quanto emerso nel corso del procedimento di Riesame".

Le intercettazioni.  "La stampa dobbiamo pagarla tutta". Su quest'ultimo passaggio nelle nuove carte è intervenuto anche l'Ordine dei giornalisti della Puglia, chiedendo la documentazione alla procura per "valutare l'eventuale apertura di procedimenti disciplinari per violazioni deontologiche". Le registrazioni testimoniano anche come da Ilva chiedono conto al capo dell’Arpa, l’agenzia regionale per la tutela dell’ambiente, Giorgio Assennato, dei risultati di una campagna di rilevamenti. Sono sempre gli scambi di battute fra dirigenti, a tenere banco. "Dobbiamo legargli il culo alla sedia”, riferito agli ispettori. Nella vicenda Ilva è inoltre venuto a galla anche il presunto episodio di corruzione che figura nel procedimento per corruzione in atti giudiziari. E' Archinà il funzionario Ilva che avrebbe fatto le telefonate a esponenti dell'Arpa e delle autorità di controllo per evitare che l'azienda subisse provvedimenti restrittivi in materia ambientale nonché attivato una serie di contatti ed incontri affinché la posizione dell'azienda venisse salvaguardata. Lo stesso Archinà, secondo l'accusa, è anche il funzionario che avrebbe consegnato al docente universitario Lorenzo Liberti una busta con diecimila euro nel retro di una stazione di servizio dell'autostrada per Bari, quando Liberti faceva parte del gruppo di consulenti nominato dalla Procura nell'ambito di un'inchiesta sul colosso. In questo filone sono indagati appunto Liberti, il vice presidente del gruppo Riva, Fabio Riva, l'ex direttore dello stabilimento Ilva di Taranto, Luigi Capogrosso, e lo stesso Archinà.

Il caso Clini. Il ministro Clini "non si è mai occupato della Autorizzazione integrata ambientale dell'Ilva" "né ha mai avuto rapporti con la dirigenza Ilva" in merito. Le "insinuazioni" sono state segnalate al Capo dello Stato e al ministro della Giustizia. Lo fa sapere il ministro in merito a un'intercettazione riportata su un quotidiano in cui proprio il manager dell'Ilva Archinà avrebbe detto dell'allora direttore generale del ministero dell'Ambiente 'Clini è un uomo nostro'". Sulla vicenda l'ufficio stampa del ministro ha diramato una nota. "Il deposito nel corso dell'udienza preliminare da parte dell'ufficio della Procura di una intercettazione del 2010 nella quale un dirigente Ilva allude a buoni appoggi da parte di Clini costituisce una grave violazione della deontologia processuale", si legge nel comunicato, in cui si precisa che "è evidente l'intento insinuante e suggestivo dell'uso di una intercettazione priva del minimo indizio di rilevanza nel processo, perché sfornita di qualsiasi supporto probatorio". "Clini nel 2010 - precisa la nota - era direttore della direzione generale per lo Sviluppo sostenibile, il clima e l'energia, non competente in materia di autorizzazione integrata ambientale (Aia)". Il ministro "non si è  mai occupato della procedura Aia dello stabilimento Ilva, come risulta anche dall'istruttoria pluriennale condotta dal ministero, né ha mai avuto a tal proposito rapporti con la dirigenza Ilva". "Perché - si chiede l'ufficio stampa del ministro - rendere pubblica un'intercettazione del 2010 tra un dirigente Ilva ed uno sconosciuto che parlano di Clini, evidentemente irrilevante ai fini del procedimento, nel momento in cui il ministro Clini è impegnato a nome del governo a ricercare soluzioni positive per il risanamento ambientale di Ilva, la continuazione produttiva dello stabilimento e la salvaguardia dell'occupazione?". "In questo momento - sottolinea la nota - abbiamo bisogno di senso di responsabilità, trasparenza e puntuale riscontro di fatti e dati". Il ministro comunque "ha segnalato la situazione al Presidente della Repubblica ed al  ministro della Giustizia".

La decisione del Riesame. Il deposito dell'ordinanza del Riesame dovrà arrivare entro giovedì 9 agosto. "Ho chiesto di fare una dichiarazione spontanea in cui ho raccontato lo stato d'animo e ho detto in modo assolutamente chiaro che dobbiamo abbassare i toni, essere meno litigiosi, meno conflittuali". Questa la dichiarazione del presidente Ferrante, a termine dell'udienza che era cominciata ieri con le conversazioni telefoniche depositate dalla procura e la montagna di documenti della difesa che ha presentato due sue perizie, consulenze e dati per spiegare che l'Ilva agisce nel rispetto delle regole.

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La posizione dell'azienda.
"Ho comunicato formalmente - ha proseguito Ferrante - che rinunciamo a presentare ricorso contro la riapertura dell'Aia e non impugneremo la sentenza del Tar della Puglia, che ci ha dato solo parzialmente ragione e non impugneremo le parti per noi negative di quella sentenza". "E' un segnale a nostro avviso molto importante - ha aggiunto - di una volontà precisa di dialogo, di confronto. Problemi gravosi, seri, complicati come quelli che stiamo affrontando, che la città e i lavoratori stanno affrontando, si risolvono soltanto se c'è da parte di tutti senso della misura, equilibrio e animo sereno". "Abbiamo questo dovere - ha concluso - nei confronti della città di Taranto e dei lavoratori dell'Ilva, dobbiamo trasmettere messaggi rassicuranti e recuperare serenità d'animo. Senza questo sarebbe difficile risolvere i problemi". ''Sapete che sono al lavoro i custodi ma al momento non c'è stata alcuna diminuzione nella produzione - ha detto ancora Ferramte - le intercettazioni depositate dalla Procura non sono un elemento decisivo e importante per lo svolgimento di questa fase del processo".

Le mosse dell'accusa. Ieri in cattedra, il pubblico ministero Mariano Buccoliero, ha sciorinato i risultati dell'inchiesta scoppiata il 26 con i provvedimenti restrittivi impugnati dalla difesa. Il magistrato è partito dall'imputazione di disastro ambientale, pietra angolare dell'impianto accusatorio. Una contestazione che nelle parole del pm ha preso forma grazie agli esiti delle super perizie. Così il magistrato ha spiegato che le emissioni di diossina e di benzoapirene uccidono e fanno ammalare i tarantini. "Per l'80% - ha tuonato  -  le emissioni inquinanti sono da ricondurre all'attività a terra dei reparti e non alle emissioni delle ciminiere" . Di qui il sequestro dei sei impianti dell'area a caldo che costituiscono il cuore pulsante della grande fabbrica dell'acciaio. Il magistrato ha ribadito che l'inquinamento è un problema attualissimo e non solo il retaggio di decenni di attività dello stabilimento. Un modo per sottolineare le responsabilità degli indagati e la necessità di intervenire per stoppare un reato che appunto uccide e fa ammalare.

Le controperizie.
Il folto collegio della difesa ha replicato con controperizie e otto memorie. "Lo stabilimento Ilva  -  si legge nei documenti della difesa - esercisce nel pieno e indiscusso rispetto di una legittima autorizzazione integrata ambientale emessa dalla competente pubblica amministrazione nell'agosto del 2011. Anche le contestazioni elevate in passato non hanno mai individuato presunti sfondamenti dei limiti di emissione. Dal 1998 al 2011  -  continuano gli avvocati di Ilva - lo stabilimento ha investito solo in tecnologie finalizzate alla tutela dell'ambiente e della salute, circa un miliardo e centouno milioni di euro, pari al 24% degli investimenti totali. Le polveri? I livelli di Taranto sono considerevolmente inferiori a quelli medi annui registrati nelle aree urbane del nord Italia". In sostanza letture agli opposti. E la battaglia riprenderà questa mattina.

Le denunce. Quarantuno persone sono state identificate e saranno denunciate per i disordini durante la manifestazione di giovedì scorso in piazza della Vittoria. L'attività degli investigatori della questura si è focalizzata in particolare sui contestatori che hanno acceso i fumogeni e abbattuto le transenne per arrivare proprio sotto il palco con un piccolo mezzo a tre ruote. Il gruppo, autodefinitosi 'comitato di cittadini e operai liberi e pensanti' ha contestato i sindacati interrompendo il comizio. (LaRepubblica)

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